Innanzitutto una breve e sentita premessa: ringrazio tutti voi per il calore e l’affetto dimostratomi con i vostri meravigliosi post e i fantastici complimenti che spero di meritare negli interventi di questo neonato blog.
Mi auguro che vogliate aiutarmi a farlo crescere soprattutto grazie ai vostri punti di vista e alle eventuali domande a cui sarò lieto di provare a rispondere.
Passiamo ora all’argomento del giorno: come nel post precedente, rimarrò nel settore dei capolavori videoludici che non hanno riscosso un meritato successo commerciale (ma dal prossimo intervento prometto di cambiare categoria) per parlarvi di Shenmue, l’opera per eccellenza del grande Yu Suzuki. Tenete conto che si tratta di un titolo del 1999 (ma la sua gestazione è iniziata nel 1994) e guardatevi questo trailer, dove è ben resa l’idea delle qualità tecniche ma soprattutto artistiche senza precedenti - dalla regia alla fantastica colonna sonora - di questo incredibile videogame:
Yu Suzuki (classe 1958) è uno dei game designer più geniali di tutti i tempi, nonché una delle menti che contribuirono in modo cruciale alla fioritura dell’industria dell’electronic entertainment negli anni ’80; periodo in cui i videogame erano ancora un prodotto di nicchia (che avrebbe poi conosciuto un massiccio sdoganamento sul mercato di massa solo verso la metà degli anni ’90, grazie a Sony Playstation e al personaggio di Lara Croft) e il loro regno incontrastato era rappresentato dalle sale giochi, dove facevano bella mostra di sé attraverso ingombranti e colorati cabinati. Data la loro natura da intrattenimento veloce, i coin-op (abbreviazione di coin operated, cioè “funzionanti a gettone”) dovevano attrarre e conquistare in appena una manciata di secondi l’attenzione dell’utente di passaggio, che doveva restarne da subito ipnotizzato e sentirsi così motivato a inserire le monete per iniziare una partita. Proprio per questo, qualità come la grafica, l’immediatezza delle meccaniche di gioco e la semplicità dell’interfaccia rappresentavano i veri punti di forza di un coin-op vincente. Quale titolo migliore di un frenetico gioco di gare motociclistiche con prospettiva tridimensionale, allora, per catalizzare l’attenzione del pubblico? È infatti con “Hang On” che Yu Suzuki nel 1985, dopo essere stato assunto in Sega come programmatore nel 1983 (fortunatamente per noi non era riuscito a passare l’esame di ammissione per studiare da dentista), firma il suo primo videogame di successo. Legandosi a questa formula del gioco dal ritmo veloce e incalzante, appartenente per lo più al genere delle corse con prospettiva tridimensionale (e visuale posteriore in terza persona), Suzuki traccia in appena due anni un percorso costellato di grandi titoli che si imporranno all’attenzione del pubblico mondiale: come Space Harrier (uno shoot’em up sempre del 1985 che riprende le meccaniche di un racing game), Out Run (videogioco del 1986 che rivela la passione di Suzuki per le Ferrari, poi consacratasi tredici anni più tardi con il coin-op Ferrari F355 Challenge, lodato pure da Ruben Barrichello che voleva acquistarne un esemplare per far pratica di guida :-)) e After Burner (un adrenalinico gioco di combattimenti tra aerei prodotto qualche mese dopo sulla falsariga del successo conquistato dal famoso film “Top Gun”).
Sono prodotti che varcheranno la soglia delle sale giochi e riscuoteranno un consenso tale da motivarne le rispettive trasposizioni per tutte le piattaforme ludiche dell’epoca, dalle console di Sega agli home computer.
Trascorso qualche anno di pausa (durante il quale vennero comunque prodotti i sequel delle sue prime opere) Suzuki torna alla ribalta del panorama mondiale nel 1992 inaugurando la serie dei Virtua Games (caratterizzata dalla sostituzione della grafica bitmap con quella poligonale volta a costruire ogni forma rappresentata nel gioco mediante solidi tridimensionali), la quale dopo il coin-op di gare automobilistiche (manco a farlo apposta!) chiamato Virtua Racing, raggiungerà lo zenit nel 1993 con Virtua Fighter, prima consacrazione tridimensionale dei videogame di combattimenti d’arti marziali, un titolo di prodigioso successo mondiale che vinse numerosi riconoscimenti, arrivando a far parte – unico gioco giapponese - della collezione permanente sull’Information Technology nel Museo Nazionale di Storia Americana a Washington, D.C.
Fu proprio grazie a un viaggio in Cina fatto durante la lavorazione di Virtua Fighter e alla sua passione per il kung fu che Suzuki iniziò a concepire un progetto che lo avrebbe impegnato per cinque anni e che sarebbe poi diventato Shenmue. Originariamente ideato per la console Saturn (il 32 bit di Sega diretto concorrente della più fortunata Sony Playstation) e poi, a causa delle limitate risorse tecniche della macchina, rielaborato per il più potente hardware del nascituro Sega Dreamcast e provvisoriamente identificato col nome in codice di Project Berkeley, Shenmue fu presentato al pubblico attraverso un GD-ROM (erano chiamati così gli speciali dischi ottici da un gigabyte di memoria supportati dal Dreamcast) incluso nell’edizione speciale giapponese di Virtua Fighter 3tb per la console Dreamcast di Sega lanciata nel 1998 (e difatti, inizialmente, Shenmue doveva narrare la storia proprio di uno dei combattenti di Virtua Fighter: Akira; poi sostituito con un nuovo protagonista e una vicenda di più ampio respiro). Eccovi una parte del raro documentario (rigorosamente in giapponese) contenuto nel sopracitato GD-ROM, dedicato a Yu Suzuki e al suo Project Berkeley, dove Suzuki ripercorre le tappe salienti della sua carriera lavorativa e inizia a specificare che Shenmue non sarà un gioco di ruolo classico (da sottolineare che i giochi di ruolo sono il genere videoludico più popolare e apprezzato in Giappone). Il tutto è preceduto da una breve introduzione che mostra una beta version di Shenmue:
Pensato come un’opera divisa in sedici capitoli, Shenmue molto probabilmente non vedrà mai il suo compimento, dato che ne sono finora usciti solo due episodi (il primo disponibile per Dreamcast, e il secondo, risalente al 2001, anche per Xbox) che narrano la storia fino al quinto capitolo. Nel 2005 Sega aveva iniziato a lavorare su una versione MMORPG (massive multiplayer online role play game) di Shenmue per il mercato asiatico, poi cancellata ad aprile del 2007; e sono anche circolate delle voci di corridoio che parlavano di uno Shenmue III per Xbox 360 che terminasse la storia (includendo anche i primi due episodi della saga), ma Yu Suzuki ha ufficialmente smentito tutto con grande dispiacere di centinaia di migliaia di fan.
Shenmue è un titolo famoso per molti motivi, uno di questi è che era entrato nel guinness dei primati del videogame come produzione più costosa di tutti i tempi (superata solo in tempi recenti): settanta milioni di dollari, come confessa lo stesso Suzuki alla fine di questo filmato, dove illustra anche alcune delle caratteristiche innovative del gioco (per i tempi in cui uscì sul mercato):
La trama di Shenmue, ambientato nella seconda metà degli anni ottanta, vede protagonista il giovane Ryo Hazuki, figlio di un maestro di arti marziali che viene assassinato per mano di un enigmatico capo mafia cinese chiamato Lan Di, il quale gli sottrae un prezioso e antico manufatto dai poteri sconosciuti. Ryo decide di mettersi sulle tracce di Lan Di per far luce sulla morte del padre e vendicarla, risolvendo allo stesso tempo il mistero legato al manufatto rubato. Inizia così un lungo viaggio che lo vedrà partire dalla sua cittadina natia in Giappone per addentrarsi fin nel cuore della Cina.
Con Shenmue Suzuki voleva creare il gioco d’avventura definitivo, che fondesse l’impatto audiovisivo cinematografico con un’esperienza interattiva degna di una realtà alternativa. Per raggiungere questo scopo decise di realizzare un mondo dettagliato in cui contestualizzare il gioco, partendo dalla cittadina portuale giapponese di Yokosuka (dov’è interamente ambientato il primo episodio), ricostruita nei minimi particolari, fino alla metropoli di Hong Kong (presente nel secondo episodio), brulicante di vita come la sua controparte reale. Le ambientazioni e i quartieri visitabili sono talmente vasti (soprattutto a Hong Kong) da rendere necessario l’acquisto di alcune cartine per riuscire a orientarsi. Nel caso in cui ci si perda, sarà possibile comunque chiedere indicazioni ai passanti che saranno perfino disposti ad accompagnarci fino a destinazione. Un aspetto ancor oggi stupefacente di Shenmue è l’estrema cura riposta nei dettagli apparentemente più insignificanti, che permette una quasi totale simbiosi tra il giocatore e il protagonista: a partire dalle ambientazioni (come i negozi pieni di centinaia di oggetti differenti) per arrivare alle condizioni meteorologiche che mutano dinamicamente (dal sole alla pioggia, dal cielo coperto alle nevicate), senza tralasciare la varietà dei personaggi minori e il realismo dei loro comportamenti. Come nella realtà si potranno vedere gli impiegati recarsi al lavoro al mattino, o i commercianti aprire le loro botteghe per poi chiuderle la sera e tornare a casa; si potrà interagire con ogni personaggio e visitare ogni luogo, nonché maneggiare praticamente tutti gli oggetti presenti nel gioco. Come nella vita bisognerà nutrirsi e dormire, guadagnare dei soldi trovando un lavoro (ve ne sono di molti tipi differenti) e magari anche svagarsi, per esempio andando in qualche sala giochi dove sarà possibile divertirsi con delle riproduzioni esatte dei videogame creati da Yu Suzuki (Space Harrier, Hang On, Outrun e After Burner); e qui Shenmue diventa un gioco dentro il gioco, un perfetto meccanismo di scatole cinesi.
Pur possedendo un filone narrativo principale piuttosto articolato (diciamo degno di una telenovela), Shenmue lascia libero l’utente di comportarsi come vuole, esplorando il mondo di gioco, chiacchierando con i personaggi o svolgendo numerose azioni, spesso inutili ai fini dell’evoluzione della trama, ma comunque appaganti in termini di immedesimazione nella dimensione virtuale; a tal proposito basti ad esempio citare la possibilità di acquistare innumerevoli oggetti, tutti esaminabili da ogni punto di vista prospettico: dagli accendini ai portachiavi, dalle miniature giapponesi di personaggi dei videogame Sega alle bevande in lattina da appositi distributori automatici.
A parte le fasi di esplorazione, di dialogo e di avventura con risoluzione di enigmi, Shenmue presenta dei classici combattimenti di kung fu in stile Virtua Fighter (d’altronde quest’ultimo è un parto di Yu Suzuki) contro uno o più avversari contemporaneamente. Da questo punto di vista, il gioco assume una connotazione rpg in quanto, per potenziare le abilità di Ryo, bisognerà imparare delle tecniche di lotta che ci verranno insegnate da alcuni personaggi, o tramite delle pergamene reperibili in determinati luoghi.
In alcuni momenti della partita, si attiveranno delle scene in cui bisognerà riuscire a eseguire una determinata azione (pressione di un pulsante del controller o movimento direzionale) per terminare positivamente la sequenza: sono i cosiddetti “quicktime events”, eventi visivamente scenografici (perlopiù scene di inseguimento o di combattimento) che riprendono il gameplay dei vecchi lasergame tipo Dragon’s Lair e Space Ace, privilegiando la spettacolarità alla libertà di interazione per rappresentare ed evidenziare meglio la dimensione cinematografica del gioco.
E a proposito della dimensione cinematografica, l’ottima regia di Suzuki e il modo in cui vengono affrontate le tematiche presenti in Shenmue (amicizia, lealtà, amore, vendetta) riescono a creare un forte coinvolgimento emotivo nel giocatore, come dimostra il filmato introduttivo del primo episodio (“Perdonami perché sono costretto ad abbandonarti. Tieni sempre vicino a te gli amici e le persone che ami”, sono le ultime parole pronunciate dal padre di Ryo prima di morire):
Altro esempio dell’abilità narrativa di Suzuki, che riesce a incantare l’utente con la sua delicatezza e profondità, è costituito dalla storia d’amore del protagonista con la dolce Nozomi, una ragazza dello stesso paese di Ryo che dovrà poi trasferirsi altrove con la famiglia. Questa storia d’amore, tratteggiata in maniera tipicamente orientale, non trova una realizzazione esplicita, ma rimane uno scambio di desideri mai chiaramente svelati, attraverso intensi sguardi e dialoghi toccanti e malinconici.
Degna di lode la suggestiva colonna sonora d’impostazione sinfonica, che è universalmente ancor oggi riconosciuta come una delle migliori mai realizzate in un videogame. Eccone un assaggio: il tema principale sottolineato da un montaggio di alcune scene del gioco.
L’impostazione cinematografica di Shenmue e l’enorme quantità di materiale audiovisivo presente nel gioco ha addirittura permesso a Yu Suzuki di creare un lungometraggio di ben novanta minuti utilizzando le sole scene più significative del primo episodio. Questo film di Shenmue è stato proiettato nelle sale cinematografiche giapponesi e poi venduto in videocassetta; in seguito è stato riproposto, a vantaggio di quanti non lo avessero giocato, in un DVD incluso nell’edizione Xbox del secondo episodio.
Nonostante il fatto che già solo il primo episodio abbia venduto oltre un milione di copie, Shenmue fu comunque considerato un insuccesso commerciale, visti i costi esorbitanti sostenuti per la sua realizzazione. È questo uno dei rari casi in cui l’industria non si è piegata al profitto, ma ha foraggiato la creatività artistica dando alla luce un prodotto unico, che ha lasciato una traccia indelebile nel cuore di quanti hanno potuto giocarlo, come provano i prossimi due filmati: il primo è un arrangiamento al pianoforte del tema di Shenmue a opera di un appassionato asiatico; mentre il secondo mostra, attraverso oltre quattrocento scatti fotografici, una pittrice a casa di un amico polacco intenta a realizzare un murales di quattro metri per tre che ritrae una classica inquadratura del gioco (Ryo a Hong Kong).
Se al giorno d’oggi Shenmue e il suo seguito non sono più tecnicamente così spettacolari e a posteriori, rigiocandoli, si ritrovano in essi le stesse meccaniche ormai consolidate e probabilmente migliorate in titoli più recenti e certamente più noti al grande pubblico, non c’è da stupirsi o da svilire l’opera di Yu Suzuki per questo: al contrario, ciò dimostra chiaramente come sia stata imitata divenendo quella pietra miliare su cui hanno sentito la doverosa esigenza di basarsi tutti i videogiochi successivi di un certo spessore narrativo e artistico. Per quanto mi riguarda, se assaporato lentamente e con la dovuta attenzione ai mille particolari che lo caratterizzano, Shenmue e soprattutto il suo secondo episodio rappresentano un’esperienza di raro valore e, per molti versi, davvero insostituibile.
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7 commenti:
Splendida recensione che manifesta la tua incondizionata ammirazione per la saga di Shenmue e soprattutto per il suo autore Suzuki, che dovrebbe esserti grato per la propaganda che gli fai.
Marco
Bè, grazie per il complimento sulla recensione... ma non credo proprio che Suzuki abbia bisogno della mia propaganda...
Molto coinvolgente...
Mi hai fatto venire voglia di comprarmi una Dreamcast per vivere l' "esperienza di raro valore" che suggerisci.. :-)
Purtroppo mi rendo conto che molte persone non comprendono come un videogioco possa essere una vera e propria opera d'arte. Peggio per loro!
Ma quante ore di gioco ha dentro questo capolavoro?
Addirittura un Dreamcast? Sono contento! Anche se su eBay dovresti reperire senza difficoltà un esemplare a buon mercato, poi devi pur sempre procurarti il primo e il secondo episodio di Shenmue... e quello è forse meno facile. L'alternativa (se possiedi una Xbox 360) è quella di acquistare Shenmue II in versione Xbox (quello si trova ancora nei negozi), visto che il titolo è stato inserito nella lista dei titoli compatibili con la console next gen di Microsoft; purtroppo così perderesti il primo episodio che, sebbene più lento nella narrazione rispetto al secondo, ha il pregio di farti entrare meglio nel ruolo del protagonista, ma almeno il riassunto è contenuto nel film incluso nella confezione di Shenmue II Xbox.
Riguardo alla longevità di gioco, la trama principale del primo Shenmue si completa in una ventina di ore, mentre il secondo è lungo almeno il doppio. Sono comunque titoli che vanno gustati e assaporati lentamente, vista la quantità e varietà di cose "secondarie" che si possono fare: se solo, tanto per fare un unico esempio, volessi terminare anche le (assolutamente fedeli) versioni coin-op di Space Harrier, Out Run, Hang On o After Burner, bè... puoi immaginare da solo quante ore in più ci metteresti.
Spero di esserti stato utile... un salutone!
GRAZIE!! Questo gioco è un capolavoro e anche se l'avevo sentito nominare, dopo la tua meravigliosa recensione non vedo l'ora di giocarlo..
Mi farebbe molto piacere leggere un tuo articolo sul futuro dei videogiochi. Intanto, keep the good work ;o)
Ciao Piermarco,
sai quando uno pensa che sia nel posto sbagliato al momento sbagliato??? Hai mai pensato che se fossi nato in Giappone avresti potuto realizzare i tuoi desideri??? Bel sito, bella recensione (come tuo solito).
Rileggere dopo così tanti anni un'altra (bellissima) recensione di Piermarco è stato merviglioso.
Il problema è che adesso mi è venuta una fottuta voglia di recuperare Console e gioco...mannaggia a te! ^_^
ciao
Gianluca
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